Il tema della maternità surrogata (da ora MS) è senza dubbio complesso e articolato, e si è lentamente imposto sulla sciena dell’opinione pubblica con alcuni più o meno noti “casi-guida” che hanno tentato e tentano ancora di forzare la disciplina giuridica vigente in Italia. Prima di ogni ulteriore considerazione, comunque ricognitiva e sintetica data la complessità dell’argomento, occorre effettuare una precisazione terminologica poiché le parole traducono concetti che esprimono delle realtà,1 e quindi la precisione lessicale esplicita una precisione concettuale che a sua volta si radica sulla dimensione delle essenze delle cose. Da parte di molti, specialmente dei mezzi di informazione di massa, si tende sempre più ad utilizzare l’espressione “gestazione per altri” (da ora GPA) arrendendosi non solo alla moda della neolingua che crede di mascherare la tragicità di alcune situazioni tramite il camouflage dell’eufemismo,2 ma arrendendosi soprattutto alla possibilità della razionalità di investigare la realtà e il mondo distinguendo la effettiva sostanza delle cose. Non si tratta di GPA, infatti, in quanto l’intera operazione si fonda sullo schema giuridico della surrogazione, tipico istituto del diritto civile, per cui un soggetto si surroga, si sostituisce – detto volgarmente - – nella posizione di un altro soggetto (creditore o debitore), per cui si tratta sicuramente non di GPA, ma di maternità surrogata che, a sua volta, può essere a titolo oneroso (più comunemente definita come “utero in affitto”), cioè effettuata dietro il pagamento di un corrispettivo (a titolo di retribuzione, o a titolo di donazione remuneratoria, o a titolo di rimborso delle spese, o a titolo di “assicurazione” per la salute in pericolo durante la gravidanza ecc. ), o a titolo gratuito (più comunemente definita “utero in comodato”), cioè effettuata senza nulla in cambio.3 Lo schema, come già visto, trasferisce e ricalca nell’ambito della procreazione umana quello specificamente giuridico dei rapporti tra creditore e debitore, così che la donna che conduce la gravidanza – diversamente dal comune errore concettuale che spesso affligge chi tratta tali questioni – è e deve essere riconosciuta come “madre surrogante”, poiché attivamente si sostituisce nella conduzione del parto rispetto all’altra donna, cioè la “madre surrogata”, ovvero la donna committente che il più delle volte paga la somma per ottenere il frutto del parto. Ciò chiarito, e sgombrato il campo dalla confusione lessicale che esplicita la confusione concettuale oggi tanto diffusa, non si può non esaminare la questione della MS con i problemi che la contraddistinguono, dovendosi individuare, per chiarezza, da un lato i problemi più strettamente giuridici e dall’altro quelli più prettamente etici. Sempre lungo il corso delle presenti riflessioni, saranno analizzate brevemente, altresì, la prospettiva femminista e quella cattolica in tema di MS, e successivamente verranno presi in considerazione non solo alcuni studi di carattere scientifico che non possono essere ignorati allorquando si affronta il problema della MS, ma anche alcune sentenze nazionali ed estere che forniscono l’esemplificazione di quanto complessi siano i problemi che scaturiscono dalla MS.