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Storia della gender theory

L’ideologia di genere nasce negli anni Cinquanta del secolo scorso a opera dello psicologo John Money (1921-2006). Fu lui a distinguere tra sesso e genere, identificando con il primo termine il sesso biologico, e con il secondo tutto ciò che riguarda la sessualità e non è biologico; ma soprattutto a negare ogni rapporto tra sesso e genere e a definire il secondo come il mero frutto di convenzioni sociali. Ma lo strumento principale della diffusione delle teorie di genere fu il femminismo radicale.
Il femminismo nasce durante la Rivoluzione francese. Nel 1791 Olympe de Gauges (1748-1793) pubblicò la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (sul modello della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino di due anni prima); l’anno successivo, l’inglese Mary Wollstonecraft (1759-1797) diede alle stampe un libro intitolato Rivendicazione dei diritti della donna, nel quale declina al femminile gli ideali della Rivoluzione francese.
Questo primo femminismo fu chiamato “femminismo liberale” perché, come la Rivoluzione francese, chiedeva uguali diritti per persone diverse (uomini e donne). I diritti rivendicati dal femminismo liberale andavano dall’accesso alle professioni tipicamente maschili, all’istruzione superiore, al voto, cioè al suffragio, per questo motivo le attiviste furono chiamate “suffragette”. Dopo la Seconda guerra mondiale, e più a causa di quella che dell’attivismo delle suffragette, gli obiettivi del femminismo liberale erano stati raggiunti. Il movimento femminista si trovò così di fronte ad un bivio: sciogliere il movimento oppure rilanciarlo con nuovi obiettivi.
Una nuova generazione di femministe raccolse la bandiera e diede origine al femminismo radicale; il nuovo obiettivo: diritti uguali per persone uguali. Il modello delle femministe radicali è il marxismo. Come il marxismo vede la storia dell’umanità come il dispiegarsi di un eterna lotta tra classi sociali, così le femministe radicali la leggono come cronaca di una lotta tra i sessi. Secondo Marx la lotta tra oppressori (la borghesia) e oppressi (il proletariato) è utile e necessaria e, dopo il predominio del proletariato, darà origine ad una società senza classi; allo stesso modo, per le femministe radicali, la lotta tra maschi oppressori e femmine oppresse si risolverà, dopo la vittoria delle donne, in una società senza sessi. Per Marx lo strumento dell’oppressione borghese, e quindi la leva da manovrare per modificare la società, è l’economia, per le femministe radicali è il linguaggio. È questo il motivo per cui l’Unione Europea e il Parlamento Europeo hanno diramato dei regolamenti per diffondere un linguaggio “gender neutral”; per cui alcuni Paesi hanno sostituito nei documenti ufficiali la parola “padre” e “madre” con “genitore A” e “genitore B”; per cui il ministro per la scuola e l’infanzia Ed Balls ha vietato nelle scuole del Regno Unito locuzioni come: “Comportati da uomo!”; per cui l’istituto per l’Enciclopedia nazionale svedese ha deciso di sostituire il pronome personale maschile “han” e quello femminile “hon” con il pronome neutro “hen”, che finora è stato utilizzato solo nei circoli lesbici.
La Chiesa ha dedicato alla questione una Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, pubblicata il 31 maggio 2004, firmata dall’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede cardinale Ratzinger e approvata da Giovanni Paolo II. In questa lettera la congregazione prende in considerazione l’ideologia di genere soprattutto come “[…] tentativo della persona umana di liberarsi dai propri condizionamenti biologici. Secondo questa prospettiva antropologica la natura umana non avrebbe in se stessa caratteristiche che si imporrebbero in maniera assoluta: ogni persona potrebbe o dovrebbe modellarsi a suo piacimento, dal momento che sarebbe libera da ogni predeterminazione legata alla sua costituzione essenziale”. In altri termini, si tratta del solito, antico rifiuto ad accettare una natura, un progetto e, di conseguenza, un Progettisa.
A questa ideologia, il Magistero risponde proponendo la collaborazione tra uomo e donna, nella valorizzazione della loro diversità come arricchimento reciproco: “Distinti fin dall’inizio della creazione e restando tali nel cuore stesso dell’eternità, l’uomo e la donna, inseriti nel mistero pasquale del Cristo, non avvertono quindi più la loro differenza come motivo di discordia da superare con la negazione o con il livellamento, ma come una possibilità di collaborazione che bisogna coltivare con il rispetto reciproco della distinzione”.
Le differenze tra uomini e donne, dunque, non sono un’ingiustizia, né il frutto impazzito di un complotto planetario. Esse sono una ricchezza reciproca, un punto di vista diverso, un appoggio che da soli non siamo in grado di darci. Di più: queste differenze sono la condizione essenziale del matrimonio. Senza di esse non sarebbe possibile donarsi al coniuge e quindi: "[…] realizzarsi pienamente come uomini e donne; rendere felice l’altro con il dono di sé; essere felici della felicità dell’altro".

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Data di pubblicazione: giovedì 9 aprile 2015
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